lunedì 22 settembre 2014

Per la fretta non dimentichiamoci di vivere

Riflessioni scritte in fretta, tra un telefonino, internet, e la sensazione che per la fretta, rischiamo di perderci la vita.
Il termine fretta, deriva dal latino frictare; è la necessità o il desiderio di fare presto, che si traduce nella rapidità nei movimenti e negli atti, nella nostra vita quotidiana.
Quanto bisogno abbiamo di avere fretta? O meglio, quanto siamo condizionati dalla velocità imposta nella nostra quotidianità?

Di certo la contemporaneità non è nel momento presente, ma in un ritmo in cui il qui e ora cede il passo ad un futuro fatto di nuove app, di sempre nuovi cambiamenti sociali e culturali che si consumano nel giro di pochi mesi, giorni, ore, di trastulli tecnologici all’ultima moda che non possiamo non avere, ma che stringi stringi sono assolutamente ininfluenti sul nostro benessere.
Il più è avere il tempo di accorgersene, non è facile mettere ordine in una corrente sempre più incalzante, dove ogni istante sembra essere già un passo indietro rispetto alla presunta necessità di essere connessi, di sapere cose e di rimanere in un flusso che ci esilia dalla concreta realtà, limitando sempre di più la socialità fisica, vera, reale.
In questo calderone è abbastanza normale sopravvivere addormentandosi, o lobotomizzandosi con quelle armi di menomazione di massa chiamate social network, cimici che ci auto somministriamo costantemente, immense banche dati in cui si consumano sperimentazioni sugli utenti e dove tanto per divertirci, immettiamo di buon grado informazioni personali facendo test o cercando di essere celebrati pubblicamente.

La folle presunzione che si possa costantemente sfruttare in modo irrispettoso l’ambiente, la logica di consumo simile a quella che potrebbe avere un branco di cavallette e lo stile di vita che ci è stato imposto dopo anni e anni di manipolazioni mediatiche è simile ad una svilente catena di montaggio che ci risucchia come fossimo dei tubetti di dentifricio.
Il disagio indotto dalla celerità imposta alla nostra società è evidente, basta fermarsi pochi istanti ed osservare ciò che ci circonda, sembra semplice vero? Purtroppo non lo è, per farlo veramente dobbiamo essere qui e ora con tutto noi stessi e non giudicare quello che vediamo, ma semplicemente osservare quanto siamo assorbiti dai telefoni, dal traffico, da internet, dalla necessità di dover correre in auto, e dall’esigenza di fare tante, troppe cose.

Potremmo anche accorgerci di quanto facciamo fatica, dalla fretta, ad ascoltare chi abbiamo davanti, e stupirci con gioia che di pagare un prezzo per “fare carriera”, per essere qualcuno in una stupida scala sociale simile ad una serie tv made in USA non ci importa nulla, e questo da sempre. Oppure, che se abbiamo l’aspirazione di diventare un leader, è perché vogliamo fare qualcosa per gli altri, non per calpestare con veloce efficienza chiunque troviamo sulla nostra strada.
Sarebbe quasi divertente poi, con un foglio e una matita, scrivere le nostre attività giornaliere per capire quanto riusciamo a prenderci cura di noi stessi e dei nostri cari. Partendo dalle cose semplici, potremmo fare un bilancio sul nostro stato di salute fisica e mentale valutando come stiamo in questo momento, qui e ora. Inoltre, trovandone il tempo, potremmo osservare se ci alimentiamo in modo corretto, se dormiamo bene, oppure se il nostro orologio biologico è in punto, se siamo stanchi, disorientati e quanto tempo effettivamente abbiamo da dedicare ai nostri interessi.

Progresso non sempre è sinonimo di evoluzione, in questo caso, lo è forse di involuzione, quindi di una linea che non ha niente a che fare con noi esseri umani. Il sistema in cui viviamo addormentati, in cui crediamo di poter raggiungere la felicità attraverso oggetti e situazioni illusorie, oltre a renderci schiavi ci chiede ad ogni istante un prezzo da pagare per essere dalla parte della società giusta, quella che in questa condizionante impermanenza potremmo definire come “vincente”.
Tutto questo a discapito nostro, e il risultato non è l’evoluzione poiché si evolve vivendo, ma l’alienazione, lo svilimento e la disumanizzazione. Quindi facciamolo questo piccolo esercizio, fermiamoci ad ascoltare, ad osservare, e facciamo un reale bilancio della nostra condizione psico fisica, bastano 5 minuti del nostro tempo.
Attraverso la scelta consapevole possiamo evitare di essere risucchiati dall’imperante disumanizzazione e rivendicare il diritto di vivere la Vita semplicemente per quello che è, ma per farlo, dobbiamo in primo in primo luogo assumerci la responsabilità di ogni nostri piccola o grande azione in ogni istante della nostra vita.

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